Da
"Tempo Medico" n. 673 del 7 Giugno 2000
COME COMPORTARSI SE GLI ENZIMI
EPATICI CRESCONO
Il giallo risolto
delle transaminasi
Succede più spesso di
quanto non si creda: soggetti in pieno benessere si sottopongono a esami
del sangue di controllo e scoprono di avere un'alterazione degli indici
di funzionalità epatica. Che cosa può essere accaduto?
Le risposte sono numerose, dalle più prevedibili - un'epatite cronica,
una steatosi, qualche bicchierino di alcolici di troppo - a quelle più
strane e inaspettate. Così un soggetto può scoprire di essere affetto
da una malattia ereditaria, epatica o addirittura muscolare o
neurologica; come di essere allergico al glutine, di aver contratto una
malattia infiammatoria muscolare, di aver ecceduto con gli analgesici o
esagerato in palestra, di aver mangiato cibi troppo grassi o
semplicemente di essere in dolce attesa.
Spetta a Daniel Pratt, del New England Medical Center di Boston, nel
Massachussets, il merito di aver fatto il punto su una situazione che i
medici di base si trovano ad affrontare sempre più spesso. «Al giorno
d'oggi » spiega Pratt in un articolo pubblicato sul New England Journal
of Medicine «la gente si sottopone con frequenza sempre crescente a
periodici esami di laboratorio allo scopo di tenere sotto controllo il
proprio stato di salute. Ciò comporta, come logica conseguenza, il
riscontro non raro di parametri ematici fuori dalla norma in persone
all'apparenza sane». Quando l'alterazione riguarda gli indici di
funzionalità epatica (transaminasi, gammaGT, fosfatasi alcalina) il
medico curante deve cominciare a valutare una serie di possibili
condizioni, patologiche e non, che non sempre hanno nel fegato il
principale responsabile. AST e ALT sono indicatori molto sensibili di un
danno a carico delle cellule epatiche, ma un'alta concentrazione delle
prime si ha anche a livello dei muscoli cardiaco e scheletrico. Di
fronte a un rialzo delle transaminasi bisogna in primo luogo raccogliere
una dettagliata storia clinica del paziente e orientare in base alla
stessa le successive indagini. Può capitare che il paziente ammetta un
abuso di bevande alcoliche, nel qual caso l'aumento di transaminasi,
soprattutto di AST, si associa a un incremento delle gammaGT, o che
emerga il sospetto di un'intossicazione epatica da farmaci
(antinfiammatori non steroidei, antibiotici, anticomiziali e
immunosoppressori) di cui il paziente è del tutto inconsapevole.
Ancora, se vengono riferiti interventi chirurgici, trasfusioni di
sangue, somministrazione di sostanze endovena, comportamento sessuale a
rischio, nonché pratiche di tatuaggi o piercing, è verosimile che il
paziente abbia sviluppato un'epatite cronica su base infettiva. Ma non
si deve sottovalutare la possibilità di una malattia immunitaria, come
la polimiosite o l'epatite autoimmune. La prima, caratterizzata da un
marcato rialzo di enzimi muscolari come le creatinchinasi, si manifesta
di solito con stanchezza, crampi e dolori muscolari, ma vi sono casi
insidiosi che restano a lungo silenti sul piano clinico. L'epatite
autoimmune si riscontra invece con una certa frequenza nelle donne di
mezza età, e la diagnosi è spesso suggerita solo dalla presenza,
accanto all'alterazione epatica, di valori alti di autoanticorpi.
Talvolta può succedere che l'aumento delle transaminasi sia solo la
punta dell'iceberg, sottintendendo la presenza di malattie ereditarie,
quali emocromatosi, malattia di Wilson e glicogenosi in grado di
compromettere rispettivamente il fegato, il sistema nervoso centrale e i
muscoli scheletrici in modo progressivo. In tali occasioni si deve
considerare non soltanto il singolo individuo, ma anche l'intero nucleo
familiare. Tutti i membri a rischio dovrebbero essere sottoposti a
procedure diagnostiche specifiche (lo studio del metabolismo del rame
nella malattia di Wilson, o la biopsia muscolare nel sospetto di
glicogenosi ) per tentare di prevenire tanto l'aggravamento quanto la
trasmissione della malattia. Laddove possibile, come nel caso dell'emocromatosi,
si ricorre alla diagnosi genetica.
Ecco allora che un solo valore al di fuori della norma diventa motivo di
preoccupazione.
«E' così» precisa Pratt «ma non sempre bisogna pensare subito al
peggio. Vi sono infatti situazioni fisiologiche che si associano a
un'alterazione degli indicatori di funzionalità epatica. L'esercizio
fisico molto intenso e prolungato provoca un aumento delle AST dovuto
all'eccesso di lavoro muscolare. Il miglior esempio in tal senso è
costituito dai maratoneti, ma i frequentatori abituali di palestre
possono andare incontro a un fenomeno analogo. Allo stesso modo, i
soggetti con gruppo sanguigno B o 0 vedono aumentare i propri valori di
fosfatasi alcalina nel sangue quando ingeriscono cibi molto grassi.
Sempre per quanto riguarda la fosfatasi alcalina va ricordato che questo
enzima, pur costituendo un indice di malattia colestatica o infiltrativa
del fegato, rientra anche nel ciclo del metabolismo osseo. Ciò
significa che tende ad aumentare negli adolescenti in crescita, così
come nelle donne in menopausa. Ma c'è di più: l'incremento di
fosfatasi alcalina in donne in età fertile può essere indicativo di
uno stato di gravidanza. La fosfatasi alcalina placentare infatti tende
a passare nel sangue materno».
Vista la complessità dello scenario, quale consiglio si può dare al
medico che ogni giorno si confronta con questo labirinto diagnostico? «La
risposta» dichiara Pratt «è una sola: procedere per gradi. Ciò
significa confermare il riscontro ematochimico mediante la ripetizione
dell'esame e cercare di comprendere l'origine dell'alterazione. Solo a
questo punto andranno selezionati gli approfondimenti diagnostici più
indicati».
Monica Sciacco
Le ragioni di un’ascesa |
Cause epatiche
 | abuso di alcol
 | farmaci (antibiotici, antiepilettici, antinfiammatori non
steroidei, immunosoppressori)
 | medicine omeopatiche (erba cinese, genziana, scutellaria)
 | stupefacenti e altre sostanze di abuso (cocaina, MDMA,
cloroformio, colle, solventi)
 | epatite cronica di tipo B e C
 | steatosi e steatoepatosi non alcolica
 | epatite autoimmune
 | emocromatosi
 | malattia di Wilson (in persone di età inferiore ai 40
anni)
 | deficit di alfa1-antitripsina |
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Cause non epatiche
 | morbo celiaco
 | malattie muscolari ereditarie o acquisite
 | esercizio fisico intenso |
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